Friday, September 29, 2006

In che senso?


Lee Miller, Max Ernst

Silloge d' amore.
Non è che io avessi il cazzo grande
è lei che aveva le dita piccole.

drugo

Wednesday, September 27, 2006

'l mal de' fiori



Riflessioni in forma di conversazioni
di Doriano Fasoli

"'l mal de' fiori". Conversazione con Carmelo Bene
di Doriano Fasoli per Riflessioni.it – giugno 2005

In ricordo di Carmelo Bene, regista e autore teatrale e cinematografico, intervista (in gran parte inedita) raccolta nel mese di maggio 2000, in occasione dell’uscita, presso Bompiani, del suo poema "'l mal de’ fiori".

"Mi sento sempre più come qualcuno che si spoglia lentamente per andare a letto... Dopo i concerti, il cinema, la letteratura, il teatro, le tante vite vissute e svissute... Una continua sottrazione, uno svestirsi ininterrotto che ancora pare non finire e che non credo finisca in quanto sto ancora scrivendo. Scrivendo la Voce" – mi disse Carmelo Bene, raggiunto nella sua casa di Otranto, dove ormai viveva per quasi metà dell'anno. Zingaro del teatro, "straniero nella propria lingua" (come amava definirsi), egli aveva appena pubblicato per Bompiani 'l mal de' fiori, un poema (la cui presentazione fu affidata a Sergio Fava) salutato dalla critica più accorta come un testo poetico inarginato, irriducibile a contesti, situazioni, geografie espressive: frontale, sprezzante, verticale rispetto a quel minimo di codici entro cui s'inscrive o si rifrange una lingua poetica. "Che c'entra Baudelaire, se non nel rovesciamento del titolo? Come si potrebbe leggere su qualche rivista", dichiarò Bene, aggiungendo: "Baudelaire è un classico: in quanto tale incommentabile, intoccabile eterno una volta per tutte. Non è sfida all'Autore de I fiori del male e tanto meno al paesaggismo (interiore o esteriore) del secolo appena scorso. È una sfida alla potenzialità del linguaggio, alla possibilità di nominazione di presunte 'cose' che stanno al di fuori del che le 'dice' ".

Bene, tu hai affermato di non essersi mai imbattuto prima di questo "'l mal de’ fiori" in una nostalgia delle cose "che non furono mai" in nessuna produzione artistica (letteratura, poesia, musica). Puoi spiegarti più estesamente?
Sono da sempre stato privo d'ogni vocazione poetica intesa come mimesi elegiaca della vita come ricordo, rimpianto degli affetti-paesaggi, mai scaldato dalla "povertà dell'amore", sempre nei versi del poema ridimensionato nella sua funzione di "amor facchino", cortese o no. Riscattato dall'o-sceno demotivato, divino, svuotato una volta per tutte dell'affanno erotico nel suo ossessivo ripetersi senza ritorno.

L'amore è questo quando che s'è stracchi mi si chiudono l'occhi
e 'l sonno è la dimane come a volte
si torna 'ndietro indove s'era stati ch'isso'
forse viventi e trovi 'ncorniciate
gialle fotografie de la svanita
quasi persona 'nsottoscritta stenta de imminome
'Magini gialle stanno e iccome stanno
e tu le fissi che nun ci se' più.

Relegato alle elucubrazioni del Lombroso, il bello/brutto non ha mai sollecitato il sentimento di nessun poeta sempre assillato da una più che smorfiata critica della ragion pratica che, come una veste stregata (camicia di forza), l'ha condannato alla stupidità dell'arte (Rimbaud). Eccettuati certi "privilegi della dannazione" byroniani etc... Malridotti alla menzogna letterata d'un satanismo d'accatto... Questa missione del poeta spessissimo civile-sociale pur se vissuta a volte da qualcuno come disillusione! È un problema? Tutt'altro: non si danno problemi (l'a b c di Gilles Deleuze). Così come in teologia non si danno risposte, ma domande, domande che grazie al cielo continuano sole a divertirmi...

Giornalisti, politici, professori universitari, frigidi calligrafi di testa... pubblicati da storiche case editrici e ospitati in prestigiose collane dove un tempo figuravano John Donne e Juan de la Cruz, Benn ed Esenin...
Secondo te, l'esercitazione poetica è diventata un allenamento di massa?
Sono subissato da infinite mortificanti missive giovanilistiche e no, impregnate di uno sformato verso libero, sintomatiche emulazioni di un qualcosa che i sedicenti autori già da lettori ritengono valore poetico; orrida "voce". Le fonti consacrate dei vati ne sono più che responsabili, dal momento che hanno sempre proposto una "poesia" comunicativa, edificante, a volte satura di decadentismo smidollato, spacciandola impunemente come opera d'arte. Siamo sempre stati vittime d'una poesia che innanzitutto si è sempre beotamente illusa d'essere nel discorso autoriale che tramava. Come se si potesse essere autori di qualcosa! Come se (siamo o no quel che ci manca?) fosse scontato che l'essere parlante sia nel discorso in fieri e non s-parlato dal discorso stesso. Qualunque fare dovrebbe essere un fare altro da ciò che facciamo (anche volendolo nessuno è autore di niente). L'esito non coincide con l'intento come l'effetto non è mai la causa...

Come si può definire, dunque, questo " 'l mal de' fiori"?
È una ricetta farmaceutica di controindicazioni: struttura, dialettica, sociale, prossimo-lontano, il non esserci, eccetera... Non si può che confermarsi "stranieri nella propria lingua". Il plurilinguismo (crogiuolo di idioletti, arcaismi, neologismi di che trabocca il poema) è il contrario d'una accademia di scuola interpreti. È "Nomadismo": divagazione, digressione, chiosa, plurivalenza, eccetera. Il testo intentato è (deve essere) smentito, travolto dall'atto, cioè de-pensato. Poesia è l'Immediato nella ruminazione orale d'uno scritto già estraneo a noi dicenti. Scritto in Voce. Voce come ri-animazione (rigor-mortis) del morto orale che è lo scritto.

Voce mia tua chissà chiamare questo
Mia tua chissà la voce che chiamare
ventilato è suonar che ne discorre
in che pensar diciamo e siamo detti
vani smarriti soffi rauchi versi
prescritti da un voler che non si sa
disvoluto e alla mano intima incisi
segni qui divertiti disattesi
sensi descritti testi
d'altri che morti fiati
dimentichi 'n mia tua chissà la voce
Noi non ci apparteniamo È il mal de' fiori
Tutto sfiorisce in questo andar ch'è star
inavvenir
Nel sogno che non sai che ti sognare
tutto è passato senza incominciare
'me in quest'andar ch'è stato.

Questo " 'l mal de' fiori" è un ventaglio di differenze in che il passato è niente anche laddove si illuse a esser presente. Questa mia esercitazione poetica non è contemporanea non soltanto al quotidiano eterno dell'oggi, ma nemmeno al passato che infatti è dovunque sentito come mai stato. Mai stato presente a se stesso. Da qui la nostalgia paradossale tributata a quanto mai fu. L'arte, infatti, è il resto di che mai fu, sia essa prosa, musica, immagine, architettura che nella sua consistenza ingombrante strazia l'aria siccome svenuta sui gradini di una chiesa magari del Borromini.

Da Sandro Pertini a Eduardo De Filippo a Vittorio Gassman che qualche tempo fa ha dichiarato: "Rispetto la ricerca storica di Carmelo Bene. Rimane il nostro maggior rivoluzionario. Ci riconosciamo, da lontano. Io attore, lui non-attore. Un'algebra". Tanti i tuoi estimatori. Qualcuno ti ha anche detto: "Gli altri chiacchierano, tu parli"...
Indubbiamente voleva dire "Tu sei la Voce, gli altri sono parole". La stessa cosa puoi trovarla bene esaminata sia in un racconto di Poe che in uno di James... Davanti al caminetto, sai, tra una caccia inglese e l'altra... il tepore... senti della gente che chiacchiera; poi a un certo momento t'accorgi se c'è uno davvero che parla... ma quando parla è parlato, non sta conversando, non vuole comunicare niente, non vuole esprimere niente. È la voce, che ha superato la parola, quindi il chiacchiericcio. In Mademoiselle de Maupin di Théophile Gautier c'è una frase divertente: "A volte, nei salotti parigini - chiosa, a un certo punto, l'autore - quando siedo, ahimè, col mio prossimo e qualcuno di esso apre bocca per sillabare non importa che, resto sorpreso, fulminato, come se il cane o il gatto prendessero d'improvviso la parola". Non è poi male questa considerazione, non ti sembra?

Adesso, parliamo di alcuni nomi a te cari: di Edgar Allan Poe, appunto, o del "poeta maledetto" Tristan Corbière, o dell'autore di "Moralità leggendarie", Jules Laforgue (del quale invochiamo un Meridiano Mondadori, al più presto). Tre brevi esistenze, segnate dall'infelicità...
Poe è un grandissimo umorista e immenso poeta, soprattutto, dato che scrive in versi... Laforgue è tutto... Laforgue e Corbière sono quelli che mi sono più vicini o io sono più vicino a loro... non c'è prima o dopo, se non c'è il Tempo...

Dici di aborrire cinema e teatro, pur appartenendo alla società dello spettacolo: come lo spieghi?
Aborro nella società dello spettacolo, come credo d'aver ripetuto mille volte, tutto quello che si dà in rappresentazione. Qualunque forma di rappresentazione sono formulette, trovatine, confitures (regie, eccetera)... Questo imbellettamento che ha fatto anche tanta saggistica sulla letteratura, sui classici... Come un girare intorno ad un obitorio, che è poi la situazione editoriale attuale. Quindi il teatro è l'immagine, è volgare... in nome di dio!... non è l'occhio il dono più bello, è l'orecchio semmai. È il suono che ci pervade, noi siamo suono.

Perché trovasti una profonda intesa culturale proprio in Gilles Deleuze, il quale, occasione la sua "prima" del "Manfred" alla Scala, t’additò come "l'uomo che ha proposto e vinto nel tempio della musica la sfida del 'modale' "?
Era come un fratello maggiore, per me, Gilles Deleuze. E, come me, era un autodistruttore, un de-pensatore, uno che cercava di de-pensare. Lo considero la più grande macchina pensante del nostro secolo, Gilles. È stato fatale che ci incontrassimo. Ma ci metto anche Klossowski, Foucault, ci metto dentro anche Lacan, ma con Gilles in particolar modo, perché ha saputo filtrare l'empirismo, ha saputo filtrare tutto, Kafka o la letteratura minore. Il suo libro Logica del senso è un capolavoro, senza entrare nello specifico (su Nietzsche o su altre questioni più squisitamente filosofiche, comunque anti-heideggeriane). Proprio il saggio che lui scrisse su di me si chiude sul fatto che la coscienza è una cosa da travalicare. La coscienza pura non ha niente a che fare con la coscienza applicata...

"I giornali sono pieni di sacrifici umani: li inscatolano, li rendono accettabili - crimini, incidenti, guerre - per i loro lettori; in un certo senso li ritualizzano, li disciplinano (con la collocazione, il commento), dopo il punto lavano l'altare, o la pista, e tutto è pronto per ricominciare, anche sulla stessa pagina, con nuove vittime e nuovi sacrificatori (...) Come può una gravida leggere un giornale quotidiano senza abortire subito?": sono parole di Guido Ceronetti.
Per non parlare dei supplementi culturali, ormai ridotti al lumicino, affollati di cattedratici e di "mezze tacche" della cultura ufficiale...
Carmelo Bene: perché la stampa è sempre stata uno dei tuoi bersagli preferiti?
Sono d'accordo con Derrida: libertà non di stampa ma libertà dalla stampa. Perché la stampa informa davvero sempre i fatti ma non informa mai sui fatti.

Doriano Fasoli

Buster Keaton


Jeff Koons, Buster Keaton, 1988

Tuesday, September 26, 2006

In the City


Gordon Matta-Clark, Window blow-Out,1973

Monday, September 25, 2006

Michael Wesely



Fin dall'inizio degli anni novanta il fotografo Michael Wesely (tedesco anto nel 1963) perfeziò tecniche per fotografare utilizzando tempi d'esposizione molto lunghi. Nell'agosto del 2001 Wesely istallò delle macchine fotografiche in diversi posti all'interno del museo per documentare gli ambiziosi lavori di costruzione e di rinnovazione di quest’ultimo. Quasi tre anni dopo queste lunghe esposizioni hanno dato luce a delle immagini delicate e rapprentanti un complesso sistema spaziale.

"...two-year explosures will just look a short moment in history.... a few years from now this process will only be visible in my pictures. They are an artistic documentation of the changes in the urban landscape-and of course they carry all the background of political change."
Michael Wesely

Sunday, September 24, 2006


Jeff Wall, Insomnia

Pour Louis


Trudy Wayne

Saturday, September 23, 2006

Le donne più belle che ho visto sono le cecoslovacche. I più bei culi li si trova a Praga.
(L. F. Celine)

Kinski

Thursday, September 21, 2006

Naked city



SUR LE PASSAGE DE QUELQUES PERSONNES A' TRAVERS UNE ASSEZ COURTE UNITE' DE TEMPS
(Sul passaggio di alcune persone attraverso un'unità di tempo abbastanza breve, 1959, b/n, 18')
scritto e realizzato da Guy Debord
"Il commento comprende una quantità notevole di frasi 'détournées', riprese indifferentemente da pensatori classici, da un romanzo di fantascienza o dai peggiori sociologi in voga. Per fare il contrario del documentario in materia di scenografie spettacolari, ogni volta che la macchina da presa ha rischiato di incrociare un monumento si è evitato di riprenderlo, filmando all'opposto il 'punto di vista del monumento' (nel senso in cui il giovane Abel Gance aveva potuto sistemare la sua cinepresa dal 'punto di vista della palla di neve'). Il primo progetto del documentario prevedeva uno spazio più ampio per il 'détournement' diretto di inquadrature esistenti in altri film, provenienti dal cinema più diffuso (...).
Questi casi limite di citazione sono stati infine impediti perché parecchi distributori si rifiutarono di vendere i diritti di riproduzione per almeno la metà delle inquadrature scelte, e tali rifiuti fecero saltare il montaggio previsto. In compenso è stato fatto il più ampio uso di un filmato pubblicitario prodotto da Monsavon, la cui vedette era destinata a conoscere un avvenire migliore.(...)
Si può considerare questo cortometraggio come una serie di appunti sulle origini del movimento situazionista; appunti che, di conseguenza, contengono ovviamente una riflessione sul loro stesso linguaggio." Guy Debord

Wednesday, September 20, 2006

Zu



Zu Atrapatu Arte

GAZTE BAT DROGAZ HILTZEN DA
ATRAKOAK, HILKETA TERRORISTA BAT
DENAK, DENAK, PAPERETAN DAUDE
ZU ATRAPATU ARTE
ZU BURGUES MADARIKATUA
EZ DUZU INOIZ EZER ULERTUKO
ZURETZAT KALEAN GERTAZEN DENA
BESTEEN ARAZOAK DIRA

Monday, September 18, 2006

Extramensile





Sunday, September 17, 2006

Se

"se
Tu
Vuoi
io
Ti
posso
fare
un ditalino
ciò
naturalmente
se tu vuoi
io ti posso
a
m
a
re"

Andrea Pazienza

Saturday, September 16, 2006

Friday, September 15, 2006

by Mark Seliger


Jeff Koons

Cindy Sherman

Matthew Barney

Thursday, September 14, 2006

The Big Red One


"Il drago è solo
gli uomini ne fanno un dio"
Vinicio Capossela

Tuesday, September 12, 2006

Monday, September 11, 2006

LADY LAZARUS


Raoul Ubac,Portrait in a mirror,1938

"L'ho rifatto
Un anno ogni dieci
Ci riesco

Una specie di miracolo ambulante, la mia pelle
Splendente come un paralume nazi,
Il mio Piede destro,

Un fermacarte
La mia faccia un anonimo, pefetto
Lino ebraico.

Via il drappo,
O mio nemico!
Faccio forse paura?

Il naso, le occhiaie, la chiostra dei denti?
Il fiato puzzolente
In un giorno svanirà.

Presto, ben presto la carne
Che il sepolcro ha mangiato si sarà
Abituata a me
E io sarò una donna che sorride.
No ho che trent'anni.
E come il gatto ho nove vite da morire.

Questa è la Numero Tre.
Quale ciarpame
Da far fuori a ogni decennio.

Che miriade di filamenti.
La folla sgranocchiante nocioline
Si accalca per vedere

Che mi sbendano mano e piede
Il grande sporgliarello.
Signori e signore, ecco qui

Queste sono le mie mani,
I miei ginocchi.
Sarò anche pelle e ossa,

Ma pure sono la stessa, identica donna.
La prima volta sucesse che avevo dieci anni.
Fu un incidente.

Ma la seconda volta ero decisa
A insistere, a non recedere assolutamente.
Mi dondolavo chiusa

Come una conchiglia.
Dovettero chiamare e chiamare
E staccarmi via i vermi come perle appiccicose.

Morire
É un'arte, come ogni altra cosa.
Io lo faccio in un modo eccezionale.

Io lo faccio che sembra come inferno.
Io lo faccio che sembra reale.
Ammetterete che ho la vocazione.

È faccile abbastanza da farlo in una cella.
È faccile abbsatanza da farlo e starsene lì.
È il teatrale

Ritorno in pieno giorno
A un posto uguale, uguale viso, uguale animale
Urlo divertito:

"Miracolo!"
È questo che mi ammazza.
C'è un prezzo da pagare

Per spiare le mie cicatrici,c'e' un prezzo da pagare
per auscultare il mio cuore
Eh sì, batte.

E c'è un prezzo, un prezzo molto caro,
Per una toccatina, una parola,
O un po' del mio sangue

O di capelli o un filo dei miei vestiti.

Eh sì, Herr Doktor.
Eh sì, Herr nemico.

Sono il vostro opus magnum.
Sono il vostro gioiello,
Creature d'oro puro
Che a uno strillo si liquefà.
Io mi rigiro e brucio.
Non crediate che io sottovaluti le vostre ansietà.

Cenere, cenere
Voi atizzate e frugate.
Carne, ossa, non ne trovate

Un pezzo di sapone,
Una fede nuziale,
Una protesi dentale.
Herr Dio, Herr Lucifero,
Attento,
Attento.

Dalla cenere io rinvengo
Con le mie rosse chiome
E mangio uomini come aria di vento."

Sylvia Plath

Friday, September 08, 2006

Dedicate to...



...Mr Picciau, Miss Pili, Miss Pignotti!

Thursday, September 07, 2006

Alighiero & boetti

Perino & vele

Bianco & Valente


Temporary, 2000, electronic print on canvas

Wednesday, September 06, 2006

Botto & Bruno


Botto e Bruno, "House where nobody lives", 2001

Friday, September 01, 2006

Matrimonio

"Dovrei sposarmi? Dovrei fare il bravo?
Stupire la ragazza della porta accanto col mio vestito di velluto e il cappuccio alla Faust?
Non portandola al cinema ma ai cimiteri
Parlarle di vasche da bagno tipo lupomannaro o clarinetti biforcuti
Poi desiderarla e baciarla e tutti i preliminari
e lei arrivando solo fin ad un certo punto e io, comprendendo il perché, senza arrabbiarmi dico:
Devi sentire! E' bello sentirlo!
Invece la prendo nelle braccia, la appoggio contro una vecchia tomba sbilenca e la corteggio per la notte intera sotto il cielo pieno di stelle
Quando mi presenterà ai suoi genitori
spalle rigide, cappelli ben pettinati e strangolato da una cravatta,
dovrei sedermi con le ginocchia unite sul loro divano a tre posti
che viene utilizzato per gli interrogatori
Non dovrei chiedere: Dov’e’ il bagno?
Come potrei sentirmi diversamente
pensando agli episodi di Flash Gordon
quanto deve essere terribile per un giovanotto,
seduto di fronte una famiglia e la famiglia che pensa:
Non l'abbiamo mai visto prima! Vuole la nostra Mary Lou!
Dopo il the e i biscotti fatti in casa, chiederanno: Che fai per vivere?
Dovrei dirglielo? Gli piacerei di più?
Dicono: Va bene sposatevi, perdiamo una figlia
ma guadagniamo un figlio.
A quel punto chiedo: Dov’e’ il bagno?
Oh Dio, e il matrimonio! Tutta la sua famiglia ed i loro amici
contro solo un pugno dei miei sbarbati e scrocconi amici
che non vedono l'ora di mangiare e bere.
E il prete! Mi guarda come se mi fossi appena masturbato
E mi chiede: Vuoi prendere in sposa questa donna?
E io, tremando per cosa dire, dico Pie Glue!
Bacio la sposa, mentre tutti quei vecchi uomini mi danno pacche sulle spalle:
È tutta tua adesso! Ha-ha-ha!
E nei loro occhi puoi immaginare l'avvio di una oscena luna di miele
Poi tutto quell'assurdo riso, barattoli e scarpe
Le cascate del Niagara!Un sacco di noi! Mariti! Mogli! Fiori! Cioccolattini!
Tutti ritirati in comodi alberghi
Faremo tutti la stessa cosa stanotte
L'indifferente portiere che sa già quello che succederà
Gli zombi del corridoio conoscono cosa
Perfino l'ascensorista
Lo sanno tutti! Quasi quasi non farei niente!
Starei sveglio tutta la notte! Fissando il portiere negli occhi!
Gridando: Io rifiuto la luna miele! Rifiuto la luna miele!
Oh, andrei a vivere in Niagara per sempre! In una grotta scura e nascosta sotto le cascate.
Mi siederei lì, il pazzo della luna di miele
inventando modi per far separare la gente, sarei un santo del divorzio.
Ma devo sposarmi, devo fare il bravo
Come sarebbe bello tornare a casa da lei
sedermi vicino al cammino mentre lei è in cucina
con il grembiule, giovane e bella, con la voglia di avere il mio bambino
e talmente contenta di me che brucia il roast beef
e poi corre piangendo da me, che mi alzo dalla poltrona "papale"
dicendo: denti di Natale! Cervelli radiosi! Mela sorda!
Dio che marito sarei! Sì, mi dovrei sposare!
Quante cose da fare! Come infilarsi nella casa di Mr Jones di notte,
e coprire le sue mazze da golf con dei libri Norvegesi del 1920;
o appendere un quadro di Rimbaud sul tosaerba;
o mettere i francobolli di Tannu Tuva dappertutto sul recinto del giardino;
o quando viene la signora Kindhead per la colletta della Cassa della Comunità
acchiapparla e dirle ci sono sfavorevoli presagi nel cielo!
o quando viene il sindaco a prendere il mio voto gli chiedo:
Quando smetterete di uccidere le balene?
e quando viene il lattaio gli lascerò un messaggio nella bottiglia:
Cenere di pinguini, portami cenere di pinguini, voglio cenere di pinguini!
Sì, se mi dovessi sposare e se fosse nel Connecticut con la neve,
e lei partorisse un bambino e io passassi le notti in bianco, distrutto,
notte dopo notte, la testa appoggiata contro una tranquilla finestra, il passato alle mie spalle,
trovandomi in una delle situazioni più comuni, un uomo tremante
responsabilmente consapevole senza aver compreso - corrotto neanche da un vaso di monete romane
Oh Come sarebbe!
Sicuro che lo scambierei per un capezzolo o per un Tacito di gomma
Per una rumorosa valigia di dischi rotti di Bach
Attaccherei "Della Francesca" sulla culla,
Scollerei l'alfabeto greco dal suo bavaglino
No, e' improbabile che sia quel tipo di padre
Non contadino, né neve, nessuna tranquilla finestra,
ma calda, puzzolente, congestionata New York City,
al settimo piano, scarafaggi e topi nelle pareti
una moglie Raichiana grassa che mi urla: Trovati un lavoro!
E cinque disgraziati di figli con il naso fradicio innamorati di Batman
E i vicini tutti senza denti e con i cappelli secchi,
come quelli del diciottesimo secolo,
che vogliono entrare in casa mia a guardare la T.V,
Il padrone che vuole l'affitto.
La drogheria 'Blue Cross Gas & Electric Knights of Columbus'
E' impossibile sdraiarsi e sognare la neve del telefono, il parcheggiare dei fantasmi.
No! Non mi dovrei sposare! Non mi dovrò sposare mai!
Ma, immagina se fossi sposato ad una bella donna sofisticata,
alta e pallida vestita di un abito elegante nero con i guanti neri lunghi
con una sigaretta in una mano e un bicchiere nell'altra
e che vivessimo in un "cinquecamere" con una finestra enorme
dalla quale potremmo vedere tutta New York e persino più lontano nelle giornate terse
No, non mi vedo sposato nemmeno in quella specie di prigione di sogno.
Oh, ma l'amore? Lo dimentico.
Non è che non sono capace di amare
E' solo che vedo l'amore bizzarro quanto il portare le scarpe.
Non ho mai voluto sposare una ragazza che assomigliasse a mia madre
Ed Ingrid Bergman sarebbe proprio impossibile
E forse c'è una donna ora, ma ormai è gia sposata
E non mi piacciono gli uomini
Ma ci deve essere qualcuna!
Perche succederà che avrò 60 anni e non sarò sposato
Solo in una camera arredata con le macchie di piscio sulle mutande.
Con tutti gli altri sposati! Tutto l'universo tranne me!
Ah, eppure so bene che se esistesse una donna come esisto io,
il matrimonio sarebbe possibile
Come LEI aspetta nel suo depresso e alieno vestito il suo amante egiziano
Così io aspetto, privo di 2,000 anni e il bagno della vita."
Gregory Corso