Tuesday, November 28, 2006

Erotik



“Comunque l’importanza dei giornalini era che se da ragazzino non capisci niente ti viene l’ansia, vai fuori, il mondo è evidentemente più grande di te. Ogni cosa passa via velocissima, non fai in tempo ad afferrarne una che già hai l’ansia di tutto quello che non sei riuscito a ricordarti, pensa te capire. Allora se hai un porno guardi una bella figa e sei sicuro che quello va bene, tu lo sai che per quell’attimo te la cavi con un piacere, anche se devi stare attento che non ti scopre tua madre sfogli le pagine cercando l’immagine per concentrarti, quella che va più bene.

Io, mi ricordo che c’era questo “Supersex” che era un fotoromanzo francese con Gabriel Pontello.
L’uomo dal cazzo vincente.

Gabriel Pontello quando voleva farsi una bellissima donna gli usciva dagli occhi un fluido erotico e lui stava tranquillo a godersi il pompino che gli faceva la donna che si strappava le mutande impazzita.
Alla fine di Gabriel Pontello c’era una breve storia a puntate di Cicciolina che si metteva delle cose nella figa.

La versione a colori di Gabriel Pontello si chiamava ”Erotik”, ed era uguale a “Diabolik”. Eva eera Marilyn Jess, la donna dalla figa più pelosa dei porno primi anni Ottanta. Marilyn Jess era bionda, aveva i capelli a cavallo come Eva Kant, rubava gioielli e faceva orge sempre verso la fine del giornale. “Erotik” non è durato molto, mi ricordo una volta che Marilyn Jess era sdraiata su un lettino ginecologico e si faceva contemporaneamente cinque tipi che si davano il turno.
Nel paginone centrale, c’era il poster sexy di Laura Antonelli disegnata.”

Aldo Nove, Puerto plata market, Einaudi tascabili stile libero

Monday, November 27, 2006

De Lama Lamina



Comunicato della mostra : De Lama Lamina - Matthew Barney

Matthew Barney
De Lama Lamina, Usa/Brasil, 2004, 35mm, 56’ - Con Arto Lindsay
Il film/documentario è stato girato durante le celebrazioni del Carnevale di Salvador de Bahia ed esplora le viscere della mitologia afrobrasiliana.
Focalizzato su un immenso carro per disboscare le foreste che avanza tra un corteo in balìa di personaggi emblematici, il lavoro, che fa perno sulle divinità della religione politeistica Candomble, pone l’accento sulla deforestazione sotto forma di allegoria. Sull’albero sradicato in cima al carro si arrampica una donna: è un omaggio alla ecoattivista Julia Butterfly Hill, che ha vissuto per due anni sulle sequoie californiane che gli americani chiamano “Redwood”, per preservarle, e allo stesso tempo simbolo di Ossaim, signore della foresta e protettore delle piante.
Ai piedi del tronco, un uomo infangato, ricoperto di bulbi e radici, giace tra le ruote masturbandosi contro l’alberomotore del carro e lubrificandolo: è la personificazione di Ogun, dio della guerra, che con una lama di ferro si fece strada tra gli alberi della foresta per raggiungere la civiltà. A completare la scena, il musicista Arto Lindsay, newyorchese di origine brasiliana, si esibisce su un carro retrostante alla guida di una processione di percussionisti, le cui vibrazioni fanno da contrappunto musicale alla densa scenografia del carro animato di Barney. (Irina Zucca Alessandrelli)

Tuesday, November 21, 2006

Millesuoni


ManyFingers

Matt Elliot

Tiziano Scarpa

“Ego mihi ricordo de uno proverbio quod dicebat mea nonna. Erat in venetica lingua, sed vobis transduco: “Se si vuolet ridere, est necessarium discorrere de caccha”. Talis substanzia corporea multum disdicevole est, ergo multum dicevole per obtinere effectos comicos. Proverbium veneticum est risarcimentum pro perdita de secondo libro aristotelico, poetica titulato, ubi Philosophus studiabat quomodo si facit, in teatro et in cabarecto, ad crepapelllem provocandam. Se Umbertus Echus auscultabat meam nonnam, non habebat bisognum scribendi suum famosum mattonazzum quincentorum paginorum De rosae nomine.
Non sum informatus se existat proverbium ad somigliante in civitate neapolitana, sed credo quod Riccardus Cassiniis non habet scopiazzatum sapientam popularem parthenopaeam. Archimedes scoprivit legem gravitationis liquidae sempliciter sciaquettando partibus intimis in suo bidecto. Cassiniis habet prodottum tractatum merdologicum durantem numerosae defecationes meditativae, totus concentratus sicut scultura Cogitator de artista transalpino Augusto Rodino.
Minimum quod si potest dicere ad propositum Vedi, vidi, wc. De Toelettae ritualibus (Mondadoriis, chartae 127, denarii 18 milia) est quod non facit defecare: anzim. Est invecem multum divertente. Bisognat adiungere quod caccha non semper facit sghignazzare. Caccha potest essere argumentum multum melancholicum. Non mihi credete? Per exemplum, ecce una sententia Alberti Savinorium, tracta de libro Nova Encyclopaedia:” Innamoratus soffrit quando pensat quod sua amata mangiat, digeriscit et expellit residuum digestionis”. Casssiniis examinat aspectos spassosissiimos de caccha, perhoc quando capitant ad ciascunum de nobis sunt tragicissimi: in quomodo defecare in locis inadaptis? Quem cosam facere quando squillat noster distantissimus telephoninus durantem evacuationem?
Resolutio:”ventilatio intestinalis putrens”.
Sed Veni, vidi, wc facit cogitare de lingua. Scriptura macharonica est discensio ad inferos parolarum: lingua viva si travestet sicut lingua morta. Resultatum est lingua zombica, quae facit ridere pro non piangere: quantum tempus perditum in nostra iuventute! Lingua latina est simbolum totae scholae. Habemus fractam capocciam cum regulis et declinationibus complicatissimis quod non potemus collaudare nullo modo in vita reale. Quantae risatae amarae in hoc pulcherrimo librecto.”
Tiziano Scarpa, Cos’è queso fracasso?-Alfabeto e intemperanze, Einaudi

Sunday, November 19, 2006

William Burroughs


William Burroughs di Robert Mapplethorpe

“ Questo sedere aveva una specie di frequenza viscerale. Ti prendeva giù in basso come se dovessi andare. Sai quando il vecchio colon ti dà di gomito e ti senti qualcosa di freddo dentro, e sai che tutto quel che ti da fare è andare? Bene, questo modo di parlare ti prendeva là, un suono denso, gorgogliante e stagnante, un suono che potevi odorare.

“Quest’uomo lavorava in un luna park, capisci, e tanto per cominciare era una bella novità come ventriloquo. Proprio divertente, da principio. Faceva un numero che si chiamava The Better Hole, che era una cannonata, te lo dico io. Non lo ricordo più tanto bene ma era una cosa intelligente. Come:” Ehilà, dico, sei ancora laggiù, vecchio?”
“ _Nooh! Ho dovuto andare a liberarmi.”
“Dopo un po’ il sedere cominciò a parlare da sé. Lui si presentava senza dover preparare nulla e il sedere improvvisava o rispondeva alle sue battute.
“ Poi gli si svilupparono dei piccoli uncini ricurvi rasposi simili a denti e cominciò a mangiare. Lui pensava fosse una bella cosa e ci mise su un numero, ma il sedere si aprì una finestra attraverso i pantaloni e cominciò a parlare per la strada, gridando che voleva l’uguaglianza dei diritti. Si ubriacava, anche, e quando era sbronzo dava in ismanie che nessuno gli voleva bene. Alla fine si mise a parlare di continuo giorno e notte, e da parecchi isolati di distanza si poteva sentire il tizio che gli gridava di star zitto e lo colpiva col pugno, ma nulla serviva e il sedere gli diceva:” Sei tu che alla fine ti azzittirai. Non io. Perché non abbiamo più bisogno di te qui in giro. Io posso parlare e mangiare e defecare.”
William Burroughs, Il Pasto Nudo

Thursday, November 16, 2006

Ci sono cretini...

“Ci sono cretini che hanno visto la Madonna e ci sono cretini che non hanno visto la Madonna. Io sono un cretino che la Madonna non l’ha vista mai. Tutto consiste in questo, vedere la Madonna o non vederla. […] I cretini che vedono la Madonna hanno ali improvvise, sanno anche volare e riposare a terra come una piuma. I cretini che la Madonna non la vedono, non hanno le ali, negati al volo eppure volano lo stesso, e invece di posare ricadono. […] Ma quelli che vedono non vedono quello che vedono, quelli che volano sono essi stessi il volo. Chi vola non si sa. Un siffatto miracolo li annienta: più che vedere la Madonna, sono loro la Madonna che vedono. E’ l’estasi questa paradossale identità demenziale che svuota l’orante del suo soggetto e in cambio lo illude nella oggettivazione di sé, dentro un altro oggetto. Tutto quanto è diverso, è Dio. Se vuoi stringere sei tu l’amplesso, quando baci la bocca sei tu. […] Ma i cretini che vedono la Madonna, non la vedono, come due occhi che fissano due occhi attraverso un muro: miracolo è la trasparenza. Sacramento è questa demenza, perché una fede accecante li ha sbarrati, questi occhi, ha mutato gli strati -erano di pietra gli strati- li ha mutati in veli. E gli occhi hanno visto la vista. Uno sguardo. O l’uomo è così cieco, oppure Dio è oggettivo. […] I cretini che non hanno visto la Madonna, hanno orrore di sé, cercano altrove, nel prossimo, nelle donne – in convenevoli del quotidiano fatti di preghiere – e questo porta a miriadi di altari. Passionisti della comunicativa, non portano Dio agli altri per ricavare se stessi, ma se stessi agli altri per ricavare Dio. L’umiltà è la conditio prima. I nostri contemporanei sono stupidi, ma prostrarsi ai piedi dei più stupidi di essi significa pregare. Si prega così oggi. Come sempre. Frequentare i più dotati non vuol dire accostarsi all’assoluto comunque. Essere il più gentile dei gentili. Essere finalmente il più cretino. Religione è una parola antica. Al momento chiamiamola educazione”.
Carmelo Bene

Monday, November 13, 2006

Per Mr Delogu Alain

Sunday, November 12, 2006

126


Simon Starling
Flaga 1972-2000, 2002
automobile modello 126 Fiat / car type 126 Fiat
cm 133 x 305 x 115

Friday, November 10, 2006

UCCIDERE UN BAMBINO (1948)



"E' una giornata mite e il sole splende obliquamente sulla pianura. E' domenica, tra poco suoneranno le campane. Fra i campi di segale due bambini hanno scoperto un sentiero che non avevano mai percorso e nei tre villaggi della piana luccicano i vetri delle finestre. Gli uomini si radono davanti a specchia appoggiati su tavoli da cucina, le donne canterallano affettando il pane per il caffè, e i bambini si abbottonano le camicette. E' la mattina felice di un giorno infausto perchè in questo giorno nel terzo villaggio un bambino sarà ucciso da un uomo felice. Il bambino è ancora seduto sul pavimento e si abbottona la camicetta, l'uomo che si sta radendo la barba dice che oggi faranno una gita in barca sul fiume mentre la donna canterella e mette il pane appena affettato su un piatto blu.
Non vi sono ombre nella cucina e l'uomo che ucciderà un bambino si trova ancora vicino a una pompa rossa della benzina del primo villaggio. E' un uomo felice, che guarda dentro una macchina fotografica e nell'obbiettivo vede una piccola automobile blu e accanto all'automobile una ragazza che ride. Mentre la ragazza ride e l'uomo scatta la bella fotografia, il benzinaio stringe il tappo del serbatoio e annuncia che avranno una bella giornata. La ragazza si siede nell'auto, l'uomo che ucciderà un bambino estrae il portafoglio dalla tasca e spiega che arriveranno al mare e al mare affitteranno una barca e poi andranno a remare al largo, molto al largo. Attraverso i finestrini abbassati la ragazza sul sedile anteriore sente quello che dice e chiude gli occhi e ad occhi chiusi vede il mare e l'uomo accanto a lei nella barca. Non è certo un uomo cattivo, è felice e contento e prima di salire in macchina si sofferma un attimo davanti al radiatore che splende al sole a godere di quel luccichio e dell'odore di benzina e di biancospino. Nessuna ombra si proietta sull'auto, il paraurti splenente non ha nessuna ammaccatura nè la minima traccia rossa di sangue.
Ma nello stesso momento in cui nel primo villaggio l'uomo dell'auto richiude la portiera di sinistra e tira verso di sè il pomello dell'avviamento, nel terzo villaggio la donna nella cucina apre la dispensa e si accorge che non c'è più zucchero. Il bambino, che ha finito di abbottonarsi la camicia e si è allacciato le scarpe, è in ginocchio sul divano e guarda il fiume che serpeggia tra gli ontani e la barca nera tirata in secco sull'erba. L'uomo che perderà il suo bambino ha finito di radersi la barba e piega lo specchio.Sulla tavola ci sono il caffè, il pane, la panna e le mosche. Manca solo lo zucchero e la madre dice al suo bambino di correre dai Larsson a chiederne in prestito qualche zolletta. E quando il bambino apre la porta l'uomo gli grida di far presto, che la barca è sulla spiaggia che aspetta e che devono remare più lontano di qunto non abbiano mai remato. E mentre corre attraverso il giardino il bambino non fa che pensare al fiume e alla barca e ai pesci che guizzano e nessuno lo avverte che gli restano soltanto otto minuti da vivere e la barca rimarrà dov'è per tutto quel giorno e per molti altri giorni ancora.
I Larsson non abitano lontano, appena dall'altra parte della strada e mentre il bambino l'attraversa correndo, la piccola automobile blu entra nel secondo villaggio. E' un piccolo villaggio di casette rosse e di gente appena sveglia che siede in cucina colla tazza del caffè in mano, e vede l'auto che sfreccia al di là della siepe sollevando dietro di sè un'alta nuvola di polvere. Viaggia a gran velocità e l'uomo al volante vede i meli e i pali del telegrafo incatramati di fresco sfilargli accanto come ombre grigie. L'aria dell'estate soffia attraverso il parabrezza mentre escono sfrecciando dal paese e procedono veloci e sicuri al centro della carreggiata, sono soli sulla strada - per ora. E' meraviglioso viaggiare così soli su una strada ondulata e larga, e in pianura è ancora più bello. L'uomo è felice e forte e col gomito destro sente il corpo della sua donna. Non è certo un uomo cattivo. Non farebbe male a una mosca ma tra qualche istante ucciderà un bambino. Mentre sfrecciano verso il terzo villaggio la ragazza chiude di nuovo gli occhi e, per gioco, dice che non li riaprirà fino a che non si vedrà il mare e sogna, al ritmo del dondolio dell'auto, quanto le apparirà splendente.
Perchè la vita è congegnata così spietatamente che un minuto prima di uccidere un bambino un uomo felice è ancora felice e un minuto prima di urlare di terrore una donna può chiudere gli occhi e sognare il mare, e nell'ultimo minuto di vita di un bambino i suoi genitori possono stare seduti in cucina ad aspettare lo zucchero e a parlare dei suoi denti bianchi e di una gita in barca e il bambino stesso può chiudere un cancello e acciarsi attraverso una strada con delle zollette di zucchero avvolte in carta bianca nella mano destra, e per tutto quest'ultimo minuto non vedere altro che un lungo fiume scintillante con grandi pesci e una grande barca coi remi silenziosi.
Dopo è troppo tardi. Dopo c'è una macchina blu di traverso sulla strada e una donna che urla si leva una mano sulla bocca e la mano sanguina. Dopo un uomo apre la portiera di un'automobile e cerca di reggersi sulle gambe nonostante l'abisso di orrore che ha dentro di sè. Dopo vi sono delle zollette di zucchero bianche assurdamente sparse nel sangue e nella ghiaia e un bambino giace inerte sul ventre con il volto brutalmente schiacciato contro la strada. Dopo accorrono due persone pallide che non sono ancora riuscite a bere il loro caffè e si precipitano verso un cancello e quello che vedono non lo dimenticheranno mai. Perchè non è vero che il tempo guarisce tutte le ferite. Il tempo non guarisce le ferite di un bambino ucciso ed è molto difficile che guarisca il dolore di una madre che ha dimenticato di comperare lo zucchero e manda suo figlio dall'altra parte della strada a chiederlo in prestito; ed è altrettanto difficile che guarisca l'angoscia di un uomo un tempo felice che ora l'ha ucciso.
Perchè chi ha ucciso un bambino non va più al mare. Chi ha ucciso un bambino guida lentamente verso casa, in silenzio, e accanto a sè ha una donna muta con una mano fasciata e in tutti i villaggi che attraversano non vedono più un solo uomo felice. Tutte le ombre sono cupe e quando i due si separano sono ancora in silenzio e l'uomo che ha ucciso un bambino capisce che quel silenzio è il suo nemico e che gli ci vorranno anni della sua vita per sconfiggerlo gridando che non è stata colpa sua. Ma sa anche che questa è una menzogna e la notte nei suoi sogni si struggerà di poter avere indietro un unico minuto della sua vita per far sì che quest'unico minuto possa essere diverso.
Ma la vita è così spietata con colui che ha ucciso un bambino che dopo è troppo tardi per qualsiasi cosa."

Stig Dagerman

Monday, November 06, 2006

ma che figure ci fai fare? e se dovessimo aprire in pubblico il tuo blog?!

Strutturalismo



Per strutturalismo si intende - in linguistica - la teoria e la metodologia di tutte quelle scuole e correnti, elaborate sulla teorizzazione del linguista svizzero Ferdinand de Saussure (1857 - 1913) e del suo "Cours de linguistique générale" (1916) che si propone lo studio della lingua intesa come sistema autonomo e unitario di segni, dando rilievo primario all'asse della sincronia rispetto a quello della diacronia.
Lo strutturalismo, di tradizione e prospettiva positivistica storica, si è occupato dei valori e delle funzioni determinate dalle relazioni reciproche dei singoli elementi linguistici, considerati come parti di un ordinamento strutturale e di un insieme di fenomeni in continua interdipendenza e interazione.
Lo strutturalismo linguistico, ispirato all'opera di de Saussure, ha connotato in modo determinante le più importanti scuole linguistiche del XX secolo come quella del circolo di Praga, quella del circolo di Copenaghen, detta glossematica e iniziata dal danese L.T. Hjelmslev intorno al 1930, quella del funzionalismo sviluppatasi nel XX secolo principalmente per opera di Nicholaj S.Trubeckoj e André Martinet in Europa, quella del distribuzionalismo nata negli Stati Uniti nel 1930 a opera di Leonard Bloomfield e successivamente elaborata da Zellig Sabbetal Harris e ancora, quella detta del trasformazionalismo originata dalle teorie di Noam Chomsky.
Una delle prime correnti di pensiero a indirizzo strutturalista nacque nell'ambito della psicologia della Gestalt, i cui principi furono in seguito ripresi da Kurt Lewin.
Si rifà allo strutturalismo anche quel movimento filosofico, scientifico e critico letterario che, sviluppatosi soprattutto in Francia durante gli anni sessanta, estese all'antropologia, alla critica letteraria, alla psicoanalisi, al marxismo e all'epistemologia, le teorie e il metodo dello strutturalismo linguistico.
In particolare nella critica artistica e letteraria (vedi gli studi di Gérard Genette), è stata applicata la teoria e la prassi strutturalista che considera l'opera presa in esame (testo letterario, creazione pittorica o filmica) come un insieme organico scomponibile in elementi e unità, il cui valore funzionale è determinato dal complesso dei rapporti fra ogni singolo livello dell'opera e tutti gli altri.
Anche nell'ambito antropologico si è utilizzata l'analisi strutturale per esaminare le varie forme di aggregazione sociale e uno degli studi più ricchi di risultati è stato quello compiuto da Claude Lévi-Strauss.
Più recentemente sono riferibili allo studio strutturalista gli studi psicoanalitici di Jacques Lacan, quelli di Michel Foucault nel campo dell'analisi politica e sociale, quelli dell'analisi del testo letterario di Roland Barthes, e soprattutto quelli nel campo della semiotica.
da Wikipedia

Legami familiari

Friday, November 03, 2006

Su



Perec
“L’alfabeto, il lessico, la sintassi, la grammatica, la retorica, lo stile, i generi:libro dopo libro, Georges Perec ha messo alla prova tutti i livelli del linguaggio. Poiché non c’è lingua che ci rappresenti così come siamo, esprimersi equivale a dissentire dalle proprie parole. Si ha un bel puntualizzare per spiegarsi più chiaramente: c’è sempre qualcosa che resta in disparte. Equivoco della sincerità: non riuscire mai a coincidere senza riserve con ciò che la sincerità stessa dichiara. La letteratura, d’altronde, è tutto fuorché uno spazio alla dicibilità immediata. Il precetto estetico, la regola compositiva, il tabù linguistico, la costrizione (contrainte) teorizzata dall’Oulipo sono solo alcuni dei suoi deliberati recinti: qui le pareti del linguaggio si fanno ancora più raccolte e anguste. La letteratura la sa lunga sul fatto che nella casa dell’essere le stanze non potrebbero in nessun caso farsi capienti a sufficienza per contenere tutto l’inquilino, e le ristrettezze dell’appartamento non fanno altro che mettere in scena la dismisura fra essere e linguaggio. L’opera dello scrittore francese si fonda su questi paradossi dell’enunciazione.
Invece di rinnegare le mistificazioni e i falsi presupposti del linguaggio o pronunciare l’ennesimo lamento sulla loro inadeguatezza, Perec ha preso pazientemente la parola, ha preso le parole una per una, le ha rigirate da tutti i lati esponendo alla luce proprio quelli che sembravano meno adatti a riflettere in’immagine in cui riconoscersi. La sua scrittura ha adottato tutte le disfunzioni del linguaggio, ha moltiplicato di proposito le insufficienze della comunicazione per mimarle e ripeterle fino alla glossolalia, per applicarle sistematicamente fino ad esaurirne l’insignificanza. Perec ha assecondato la sua lingua, ne ha praticato alla lettera le possibilità e i divieti, ha obbedito implacabilmente alle sue leggi per ottenere il massimo che essa concede di esprimere: la sua scrittura ci ha indicato che tutto ciò che possiamo e dobbiamo dire di noi stessi non è altro che un particolare, personalissima, capziosa, ingegnosa forma di reticenza.”

Tiziano Scarpa, da Cos’è questo fracasso?