Wednesday, April 04, 2007

‘Infanzia’



"Credo che il lavoro di scrittura non abbia niente a che vedere con le “proprie” cose.
Non che non ci si metta tutta l’anima, ma la letteratura ha profondamente…la scrittura ha fondamentalmente a che fare con la vita.
Ma la vita è qualcosa più che “personale”. Tutto ciò che introduce nella letteratura qualcosa della vita della persona, della vita personale dello scrittore, è per natura importuna, per natura mediocre, perché gli impedisce di vedere… lo riduce ai propri affari privati. Non è ,ai stata questo la mia infanzia; non che mi faccia orrore. Ciò che mi importa esattamente, è come dicevamo…ci sono dei “divenire animale”; implicati nell’uomo, dei “divenire bambino”.
Scrivere, credo, è sempre divenire qualcosa.
Ma per questo, non è che si scriva tanto per scrivere. Si scrive perché qualcosa della vita scorre in te, qualsiasi cosa… si scrive per la vita, ecco. E si diviene qualcosa. Scrivere è divenire. ,a divenire qualsiasi cosa salvo”divenire scrittore”. E fare ciò che si vuole, eccetto un “archivio”. Io rispetto l’archivio…va bene, stiamo facendo un archivio”, ma…
Ha un interesse solo rispetto a qualcos’altro. Se serve fare un archivio è proprio perché c’è qualcos’altro ed è attraverso l’archivio che si coglierà forse una piccola parte di questo altro.
Ma l’idea stessa, per esempio, di parlare della mia infanzia… non solo perché non ha alcun interesse, ma è il contrario della letteratura. Il contrario:::Mi per,etti, leggevo…L’ho gia letto mille volte…Quello che dico lo hanno gia detto tutti, tutti gli scrittori, ma ho trovato questo libro che non conoscevo…Ciascuno ha i suoi vuoti… Di un gran poeta russo, Mandel’stam. Lo leggevo ieri, perché mi dicevo… (…) Dice in questa frase… Ce ne sono di equivalenti, è solo un esempio, sconvolgente. (…) “ Non sono mai riuscito a capire persone come Tolstoj – perfino Tolstoj – innamorati degli archivi familiari con le loro epopee di ricordi domestici”. La cosa si fa seria.
“ Lo dico ancora: la mia memoria non è d’amore ma di ostilità, e lavora non a riprodurre ma a respingere il passato. Per un intellettuale di origini mediocri – com’era lui – la memoria è inutile. Gli basta parlare dei libri che ha letto e la sua biografia è completa”. (…) Se nelle generazioni felici l’epopea parla in esametri e in cronache, in me si limita a un segno di enorme apertura. E tra me e il secolo giace un abisso, un fossato pieno del tempo che mormora. Cosa voleva dire la mia famiglia? Non so. Balbettava dalla nascita, eppure aveva qualcosa da dire. Su di me e su molti dei miei contemporanei pesa il balbettio della nascita. Abbiamo imparato non a parlare, ma a balbettare. Ed è solo tendendo l’orecchio al mormorio crescente del secolo e dopo esser stati lavati dalla schiuma della sua cresta, che abbiamo acquisito una lingua”. (…)
Scrivere è testimoniare la vita, testimoniare per la vita, testimoniare “per” nel senso che dicevamo prima, “per” le bestie che muoiono.
E’ balbettare nella lingua.
Fare della letteratura rifacendosi all’infanzia significa trasformare la letteratura nella propria cosa privata, è disgustoso, è davvero la letteratura da supermercato, da bazar, da best-seller, la vera merda. Se non si forza il linguaggio fino al punto in cui balbetta… Perché non è facile, non basta semplicemente balbettare… se non si arriva a quel punto… nella letteratura forse, a forza di spingere il linguaggio fino a un limite, si ha un divenire animale del linguaggio stesso e dello scrittore, si ha anche un divenire bambino…Ma non è la propria infanzia.
Si diviene bambino, ma non è più la propria infanzia. Non è più l’infanzia di nessuno.
E’ l’infanzia del mondo, l’infanzia di un mondo.
(…) Ma non sono soltanto il bambino che ero. Sono stato un bambino fra gli altri. Ero un bambino qualsiasi. Ed è sempre a titolo di “un bambino qualsiasi” che ho visto qualcosa di interessante. Non in quanto “tale” bambino…(…) Sono stato un bambino.
Ho sempre sostenuto che non si capisce il senso dell’articolo indefinito.
Un bambino è picchiato, un cavallo è frustato… non vuol dire “io”…L’articolo indefinito è estremamente ricco."

Gilles Deleuze